Uno degli aspetti più trasgressivi e potenti dell’estetica preraffaellita e dell’essenza stessa del gruppo, capeggiato da Dante Gabriel Rossetti, furono senza alcun dubbio le donne che gravitarono attorno agli artisti. Modelle, muse, amanti, mogli, nessuna di loro ebbe una vita noiosa o relegata ad angelo del focolare come avrebbe invece voluto la morale vittoriana.
Via i corsetti! Sostituiti da tuniche larghe e più comode, antesignane dei tuniconi di Klimt disegnati dalla compagna di una vita (e che Klimt si guardò bene dallo sposare), Emilie Floege, più nota per essere la modella raffigurata nel dipinto forse più famoso del pittore viennese, Il bacio.
Impegnate sulla scena politica, come la bellissima Georgie McDonald, che sposò Burne-Jones, ma intrecciò una complicata relazione platonica con il collega del marito, Millais, o interessate all’Arte fino a diventarne protagoniste, come Elizabeth Siddal, a sua volta pittrice -incoraggiata da Rossetti- e poetessa, le donne del gruppo non si limitarono di certo al passivo ruolo della modella. E anche quando lo fecero, posando per quelli che in molti casi divennero poi mariti o semplici amanti, riuscirono a cambiare un’epoca, scandalizzando con le loro pose nude, come quelle della statuaria Maria Zambaco che proprio con Burne-Jones visse una chiacchierata relazione.
In un vortice di tradimenti e passioni più o meno platoniche, le muse dei Preraffaelliti animarono non poco la vita del gruppo.
Effie Gray, sposa giovanissima del mecenate John Ruskin, trascinerà il marito al centro di uno scandalo che culminerà con l’annullamento del matrimonio per l’impotenza di lui e le nozze di lei con Millais.
La sorte non arriderà sempre al coraggio e alla forza di queste protagoniste dal carattere passionale.
Elizabeth Siddal morirà suicida, provata dai tradimenti di Rossetti, dagli aborti spontanei e dalla sua dipendenza dal laudano.
Di recente è stata data risoluzione al mistero sugli ultimi giorni della giunonica e solare Fanny Cornforth, la modella che sostituì Lizzie nel cuore di Rossetti, occupando la casa e il letto che erano stati della sfortunata musa del leader carismatico del gruppo. Dimenticata da tutti trascorse la fine in un ospedale psichiatrico del Sussex, afflitta dalla povertà e dalla demenza.
La loro forza continua tuttavia a permeare di sé l’arte, la fotografia, il cinema e la moda, che vantano debiti profondi e spesso evidenti nei confronti non soltanto dell’estetica preraffaellita e dell’utopia della bellezza inseguita dai seguaci di Rossetti.
Resta in nuce un concetto di femminilità che non rinuncia a nulla di sé e non scende a compromessi.
Libera, trasgressiva nel suo ritornare alla purezza della semplicità insofferenze a qualsiasi infrastruttura, etichetta, stigmate.
A loro si ispira una delle figure femminili che in Lontano da te accompagnano, in un gioco di riflessi di specchi, la storia di Lizzie e Rossetti. Si tratta di Lydia, il personaggio forse più controverso e misterioso, che poco racconta di sé. Come un bel quadro voltato di spalle, che induce a inventarsi un volto, Lydia entra nella narrazione da protagonista inconsapevole, motore indiretto dell’azione. Rappresenta la figura che permette ad altri di riconoscere se stessi, in un viaggio dentro le proprie paure, i propri desideri. Nel confronto con una bellezza ideale – destinata a restare fredda e lontana – che ricorda gli ultimi, splendidi ritratti di Rossetti, svuotati del calore di un amore imperfetto e per questo più concreto e reale. Quello per Lizzie.